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Edilizia: le novità del Decreto del Fare

ll Decreto del Fare (D.L. n. 69/2013, conv. in legge 9 agosto 2013, n. 98) interviene anche in materia di edilizia producendo alcune novità di rilievo nel settore. In particolare, i temi toccati vanno dall’edilizia privata all’autorizzazione paesaggistica, con riferimenti importanti anche per i centri storici.

L’introduzione nel T.U.E. (Testo Unico dell’edilizia) di un articolo 2 bis permette a Regioni e Province autonome di mettere mano a deroghe ai limiti di distanza in edilizia. Il Dm n. 1444 del 1968 prevedeva in 10 metri la distanza minima tra gli edifici di nuova costruzione, definendole inderogabili, pur ammettendo distanze inferiori, ad esempio, per gruppi di edifici in lottizzazioni convenzionate. Ciò era possibile se venivano al contempo raggiunti altri vantaggi pubblici come nel caso di costruzione di più aree verdi. Oggi l’art. 2 bis permette alle Regioni e alla Province autonome di dettare disposizioni derogative sulle distanze previste dal Dm n. 1444/1968 e disposizioni riguardanti gli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali. Ciò in ogni caso salvaguardando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative.

In merito all’autorizzazione paesaggistica l’art. 39 del Decreto interviene modificando per l’ennesima volta l’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) stabilendo che nel caso di lavori iniziati nel quinquennio, l'autorizzazione si considera efficace per tutta la durata degli stessi. Per quanto riguarda gli interventi subordinati a permesso di costruire – come previsto dall’art. 10 del T.U.E. - l’articolo 30, comma 1, lett. c) del D.L. n. 69/2013 prevede che gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni.

In buona sostanza si tratta di eliminare dall’elenco degli interventi sottoposti al permesso di costruire quelli di ristrutturazione edilizia che modificano la sagoma, potendosi realizzare con la SCIA (Segnalazione Certificata Inizio Attività).

Le ristrutturazioni che consistono nella demolizione e ricostruzione dell’edificio con una forma diversa, ma con lo stesso volume, non necessiteranno del permesso di costruire, ma potranno usufruire della procedura semplificata in base alla quale i lavori potranno iniziare nello stesso giorno in cui viene presentata la domanda. Restano fuori da questa previsione quegli interventi di ristrutturazione che comportino modifiche della sagoma di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali. In base all’art. 30, comma 1, lett. f) i comuni devono individuare con propria deliberazione, da adottare entro il 30 giugno 2014, le aree nelle quali non e' applicabile la segnalazione certificata di inizio attività per interventi di demolizione e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma. Decorso tale termine e in mancanza di intervento sostitutivo della regione ai sensi della normativa vigente, la deliberazione e' adottata da un Commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Nelle restanti aree interne alle zone omogenee A) e a quelle equipollenti di cui al primo periodo, gli interventi cui e' applicabile la segnalazione certificata di inizio attività non possono in ogni caso avere inizio prima che siano decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della segnalazione. Nelle more dell'adozione della deliberazione e comunque in sua assenza, non trova applicazione per le predette zone omogenee A) la segnalazione certificata di inizio attività con modifica della sagoma, ma occorrerà il permesso di costruire.

Eliminato, inoltre, il silenzio-rifiuto per gli immobili sottoposti a vincolo; pertanto, trascorsi nel silenzio i 30 giorni per l’adozione del provvedimento finale, l’istanza è intesa respinta. Il responsabile del procedimento trasmette al richiedente il provvedimento di diniego dell'atto di assenso entro cinque giorni dalla data in cui e' acquisito agli atti, con le indicazioni di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni.

Per quanto riguarda il certificato di agibilità si prevede la possibilità di chiederlo anche per singoli edifici o porzioni o unità immobiliari. Infatti, dispone la lettera g) del primo comma dell’articolo 30 del Decreto del Fare che il certificato di agibilità può essere richiesto anche:

a) per singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all'intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni;
b) per singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all'edificio oggetto di agibilità parziale.

Da ultimo è utile ricordare che i termini di inizio e di ultimazione dei lavori autorizzati con permesso di costruire, DIA e SCIA, prima dell'entrata in vigore del Decreto del Fare, sono prorogati di due anni purché, al momento della comunicazione dell'interessato, i termini non siano già decorsi e non risultino in contrasto con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati.

Nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all’articolo 28 della legge n. 1150/1942 o di accordi similari comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012, il termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori sono prorogati di tre anni.

(Altalex, 23 settembre 2013. Articolo di Alessandro Ferretti)